Sono Silvia a volte Qu, non starò qui a spiegarvi il mio soprannome, sarebbe troppo divertente, immaginate quello che piú vi piace.
Quello che piace a me invece è fotografare, con un po di pressapochismo e testa sulle nuvole.
E qui mi limito a descrivermi con una citazione che amo:
Sono per un’arte che prende le sue forme dalla vita, che si contorce e si estende impossibilmente e accumula e sputa e sgocciola, ed è dolce e stupida come la vita stessa.
Sono per l’arte che esce dalla bocca di un cagnolino e che cade a terra dal quinto piano. Sono per l’arte che il bambino può leccare dopo aver tolto la carta. Sono per un arte che si fuma come una sigaretta, puzza come un paio di scarpe. Sono per un’arte su cui ci si può mettere a sedere… Sono per l’arte che si accende e si spegne con un giro d’interruttore.
Sono per l’arte che si srotola come una cartina, che si può stringere come il braccio della fidanzata, o baciare come l’amato cagnolino. Che si allunga e cigola come una fisarmonica, che si può macchiare con le pietanze come una vecchia tovaglia. Sono per un’arte con cui dare martellate, rammendare, cucire, incollare, limare. Sono per l’arte che ti dice che ora è, e aiuta le vecchie signore ad attraversare la strada.
Sono per l’arte delle pompe di benzina bianche e rosse e per le ammiccanti pubblicità dei biscotti. Sono per l’arte del vecchio gesso e del nuovo smalto. Sono per l’arte delle scorie e antracite e uccelli morti. Sono per l’arte dei graffi sull’asfalto. Sono per l’arte che piega le cose, le prende a calci e le rompe e le tira e le fa cadere. Sono per l’arte delle banane spiaccicate sedendoci sopra.
Sono per l’arte della biancheria intima e dei taxi. Sono per l’arte dei gelati lasciati cadere sull’asfalto. Sono per l’arte che emettono barlumi e illuminano la notte. Sono per l’arte che cade, sguazza, si dimena, salta, entra ed esce.
Sono per l’arte bianca dei frigoriferi e dell’energico scatto nell’aprirsi e chiudersi. Sono per l’arte degli orsacchiotti decapitati, degli ombrelli esplosi, delle sedie con le gambe rotte, degli alberi di Natale in fiamme, dei resti dei mortaretti, delle ossa di piccione e delle scatole con dentro uomini addormentati. Sono per l’arte che appende, l’arte dei conigli insanguinati e delle vecchie galline, dei tamburelli e dei fonografi di plastica, di scatole abbandonate legate come faraoni.
(Claes Oldenburg)